Ha scelto di iniziare la comunicazione alla gente con “Pace a voi”.

Ha usato per nove volte la parola “pace” nel suo primo discorso alla loggia in Vaticano. Papa Leone XIV ha indicato la strada con la sua voce.

Le parole, lievi come un respiro, come un soffio di fiato, hanno un peso.

Possono essere pietre scagliate per ferire, come possono essere carezze nell’aria, che, con leggerezza, raggiungono il loro obiettivo, ma si piantano ugualmente nell’anima di chi le ascolta.

Il primo incontro con i media, in Sala Nervi, è uno schiaffo a quelle parole di guerra che appesantiscono il giornalismo di oggi (e non solo).

“La pace comincia da ognuno di noi, dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri. Dobbiamo dire no alla guerra delle parole”.

Perché, vedete, le parole possono manipolare, come possono anche salvare.

Non per niente, da qualche anno sostengo (avrei potuto usare i termini “mi batto per” o peggio ancora “propugno”, ma sono parole “violente”) il valore del giornalismo gentile, da quando, nel maggio 2022, partecipai al Convegno sulla Gentilezza – FESTIVAL DELL’ITALIA GENTILE (2° EDIZIONE), voluto da Daniel Lumera a Firenze – città gentile – a Palazzo Vecchio, in cui sono stata speaker.

IMMAGINI OTTENUTE CON AI

Nel mio speech, ho citato, tra gli altri, Noam Chomsky, uno dei più importanti intellettuali contemporanei, parla di una lista di strategie della manipolazione attraverso i mass media.  La prima è la strategia della distrazione 

“L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.

La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza”.

Il tutto per “Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare”…

Le parole ti portano dove vogliono, creano “credenze”.

Le parole, come il LOGOS, il VERBO della Bibbia, creano.

DA CORRIERE DELLA SERA

“Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana. Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace. Dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra”.

Le parole gentili, anche nei media, non sono un fine, sono un mezzo per la pace: Leone XIII si è rivolto ai giornalisti chiamandoli “amici”, riducendo le distanze imposte dal ruolo.

Imparando a dis-armare le parole, la stampa può non solo creare pace, ma dare vita a quella pace giusta di cui parla il Papa.

Le parole manipolano, ma possono salvare.

Mi viene in mente una storia che ho letto qualche giorno fa e che riguarda una poetessa bambina, Raffaella La Crociera, nata a Roma nel 1940 e scomparsa a nemmeno 14 anni.

Costretta a letto per una malattia, sentendo nel cuore di dover in qualche modo aiutare le popolazioni colpite a una alluvione nella Costiera Amalfitana, decise di partecipare ad una raccolta fondi lanciata dalla RAI, scrivendo una poesia Er zinale, il Grembiule.

La poesia venne letta dallo speaker radiofonico Giovanni Gigliozzi, nella sua rubrica radiofonica Campo de’ Fiori, e lo scritto venne messo all’asta: il manoscritto fu aggiudicato per mezzo milione di lire dalla Svizzera della contessa Cenci Bolognetti.

Il ricavato andò alle popolazioni alluvionate. Un giocattolaio decise di regalare una bambola alla piccola poetessa, che, ahimè, non ricevette mai il regalo, perché spirò due giorni dopo la trasmissione.

Le sue parole però continuarono a vivere e aiutarono molte persone.

Perché sì, le parole manipolano e feriscono, ma possono anche salvare.

Benvenuto, Papa Leone XIV, noi giornalisti le regaliamo la parola più bella di tutte: GRAZIE!