In fondo, molte fiabe e storie da interpretare parlano proprio di trasformazione, coraggio, rinascita, e ci ricordano che, anche dopo i momenti più bui, si può sempre trovare una via.

Noris Anselmi è una formatrice che non solo lavora nel mutuo aiuto, ma lavora con la parola: quella che cura.

Da anni, perseguo l’obiettivo di comunicare “in modo gentile”, avvalorando la tesi che il teatro, la musica, la danza, l’arte in generale possano portare benefici all’essere umano, in tutti i settori.

Mi ha incuriosito così la professione di Noris, a cui chiedo subito…

Chi sei?

Sono una persona profondamente sensibile al disagio delle persone: un disagio causato talvolta da eventi traumatici, o da un ruolo in questa società, spesso stretto o difficile da sostenere e che, ahimè, fa perdere tante volte il contatto con sé stessi, con i propri bisogni e progetti; ma anche un ruolo appesantito da retaggi familiari silenziosi, da sensi di colpa o responsabilità che, senza rendercene conto, finiscono per generare un malessere interiore.
Come counselor professionista, creo spazi di ascolto individuale e in gruppo per aiutare le persone a fare chiarezza dentro di loro e a ritrovare una direzione sana da seguire.

Quanto è importante la parola per te?

Per me la parola è uno strumento prezioso: quando parliamo, spesso diamo voce a ciò che dentro di noi è ancora confuso o silenzioso, e proprio con l’espressione delle nostre emozioni possiamo iniziare a sentirci più leggeri e a ritrovare un po’ di serenità.

Ma perché la parola sia davvero trasformativa, ha bisogno di essere accolta in uno spazio protetto, dove ci si possa sentire liberi, autentici, non giudicati. Nella mia pratica di ascolto, la parola non serve a dare consigli o soluzioni, ma è usata per accompagnare la persona a fare chiarezza dentro di sé, a riconoscere le proprie emozioni e a trovare, passo dopo passo, la propria risposta, perché nessuno, meglio di noi, può sapere davvero cosa è giusto per sé.

Abbiamo detto che ti muovi nell’ambito del mutuo aiuto. In un editoriale, parlai del “confine”, del limen. Il confine è terra di nessuno e di tutto, luogo di barriera, ma anche, come la pelle, di interscambio. Cos’è il confine per te? In che occasione può essere uno scambio, in quale un limite e in che senso “salva”?

Credo fortemente nel potere del mutuo aiuto ma anche negli incontri a tema, dedicati alla consapevolezza, che organizzo ogni settimana: essi rappresentano uno spazio condiviso dove chi vive una sofferenza simile può sentirsi compreso, ascoltato e meno solo. In quello spazio protetto ogni partecipante diventa risorsa per l’altro con la concreta possibilità di stabilire intime connessioni e vivere un po’ di sollievo. Per questo ho attivato incontri gratuiti di mutuo aiuto sul territorio milanese (e presto anche online), con l’intento di offrire supporto concreto e accessibile a chi ne ha bisogno.

E proprio nei miei incontri esperienziali possiamo allenarci a trovare un importante confine che consente a ciascuno di stare accanto all’altro, nella vita di tutti i giorni, senza pero’ annullarsi; un confine che significa essere sensibili a ciò che prova l’altra persona, senza però caricarci della sua fatica, imparando cosi’ ad ascoltare senza risolvere e a fermarsi quando è troppo.

Nei miei spazi di ascolto si cresce e ci si “allena alla vita” insieme, ma ognuno resta responsabile del proprio cammino.

Parlando di parole, tieni dei corsi legati alle fiabe. Si sa, il racconto poetico dell’infanzia è pregno di messaggi ed archetipi che riguardano tutti. In che modo possiamo rileggere le fiabe da adulte?

Le fiabe rappresentano uno degli strumenti artistici che utilizzo durante i miei incontri perché, rileggendo le storie da adulti, ci permettono di scoprire preziosi messaggi per noi e significati sempre più’ profondi.

La fiaba è arte e proprio per questo rappresenta immaginazione e fantasia: è un mondo parallelo dove le regole si trasformano, proprio come nelle fiabe, e ci offrono uno spazio libero lontano dagli schemi abituali.

Nella fiaba, ogni personaggio, luogo o sfida può diventare simbolo di qualcosa che ci appartiene: parti di noi, momenti di crisi, ferite antiche ma anche risorse dimenticate. Rileggerle da adulti, con uno sguardo più maturo, ci aiuta a dare nuovo significato a ciò che viviamo oggi e a riconoscere, tra le righe, dinamiche profonde che in una lettura infantile possono sfuggire.

Proprio come accade nel teatro, entrare nei panni di un personaggio ci permette di esplorare mondi interiori, vivere emozioni diverse e osservare la realtà da altri punti di vista, questo scambio di identità ci apre nuove possibilità: possiamo sperimentare risposte diverse, immaginare soluzioni alternative e, soprattutto, vedere noi stessi non più solo come spettatori, ma come protagonisti capaci di affrontare la sfida.

In fondo, molte fiabe e storie da interpretare parlano proprio di trasformazione, coraggio, rinascita, e ci ricordano che, anche dopo i momenti più bui, si può sempre trovare una via.

Perché quindi, in un’epoca in cui si parla ancora, ahimè, e in senso tragico, di “patriarcato”, i valori femminili sono importanti? E quali sono, secondo te?

Intanto mi piace ricordarvi che dentro ognuno di noi vivono un’energia femminile e una maschile: la prima accoglie, sente e crea; la seconda guida, protegge e struttura. Dare valore al femminile significa riconoscere anche la parte più emotiva e autentica di ciascuno, indispensabile per portare equilibrio dentro e fuori, in un mondo che, per troppo tempo, ha dato spazio quasi esclusivamente a logiche di potere, controllo e prestazione. In un’epoca in cui il patriarcato è ancora presente, spesso in modo subdolo, i valori femminili diventano un’opportunità per promuovere modelli relazionali che si allineano ai valori femminili di gentilezza e accoglienza: non si tratta di mettere il femminile contro il maschile, ma di comprendere che portare anche i valori femminili, come ascolto, cura, sensibilità nei luoghi di lavoro e nelle scelte importanti, aiuta a rendere tutto più umano e vero.

In una società che spesso ci chiede di correre, competere ed essere sempre forti, il femminile ci riporta alla verità delle emozioni, all’empatia, alla dolcezza che sa accogliere e trasformare.



Il femminile è quel modo di stare nel mondo che non ha paura di mostrarsi vulnerabile… ed è proprio lì che nasce una nuova forza.

Esattamente.. E cosi’ possiamo parlare di ascolto, cura, accoglienza, sensibilità, connessione profonda con sé e con l’altro: valori spesso percepiti come fragili o “minori”, ma che oggi rappresentano una forza trasformativa.

Oggi, parlare ancora di patriarcato fa male perché significa che certi schemi rigidi e diseguali sono ancora vivi; ma proprio per questo portare nel mondo i valori del femminile è un atto potente e necessario: non per dividere uomini e donne, ma per ricordare che la forza non è solo nel fare, ma anche nell’essere, nel sentire, nel prendersi cura.

In questo mondo di “caos”, possiamo generare una stella danzante?

Anche nel caos più grande, ognuno di noi ha la possibilità di trasformare il disordine in qualcosa di luminoso e vitale; Il caos, infatti, non è solo confusione: è un messaggio, un segnale che ci invita a fermarci, a guardarci dentro e a prenderci cura di ciò che si è rotto o smarrito.

Solo così possiamo ritrovare una direzione sana e diventare come una stella luminosa, capace di irradiare forza, creatività e luce; ma questa volta sarà una luce autentica, la nostra luce… Proprio come una stella danzante, che nel suo movimento porta bellezza ed energia nei luoghi e nelle relazioni che abita..

Ho parlato di benessere tramite l’arte. I lettori mi permettano una digressione: anche gli animali domestici ci aiutano a stare bene… ma come si supera il dolore della perdita?

Ricordo di aver tenuto un incontro dedicato proprio al tema della perdita dei nostri amati animali in quanto spesso è un lutto che viene banalizzato da “chi non sa” quanto amore e presenza riceviamo dai nostri pets.

Gli animali domestici donano tanto amore e compagnia, diventando parte integrante della famiglia: proprio per questo superare il dolore della loro perdita è difficile, perché si perde un legame profondo.

Per affrontarlo, è importante riconoscere questa perdita come un vero e proprio lutto e concedersi il tempo per elaborarlo, accogliendo le proprie emozioni senza giudizio e parlarne con chi può davvero comprendere.
A volte, ritagliare uno spazio speciale per il ricordo ci aiuta a elaborare la perdita e a ritrovare un po’ di quiete. Altre volte, quando il dolore è ancora troppo forte, può essere utile prendere una “distanza che salva”: mettere via per un po’ il suo cuscino o quegli oggetti che ogni giorno ci riportano alla mancanza. Non è dimenticare, ma proteggerci. È un gesto di cura verso di noi, per creare uno spazio interno dove il ricordo possa restare vivo senza travolgerci.

E quindi, come si può “lasciare andare” e perché si deve farlo?

Risponderò a questa tua domanda con un testo che ho creato e letto in uno dei miei incontri esperienziali e che ha aperto preziose riflessioni nei partecipanti:

Che cosa significa davvero… lasciare andare?
Lasciare andare non è dimenticare.
Non è arrendersi.

È avere il coraggio di riconoscere che qualcosa , o qualcuno, non appartiene più al nostro cammino.

È smettere di stringere a noi ciò che fa male, per fare spazio a ciò che può nutrirci davvero.
All’inizio… fa paura.
Fa paura il vuoto, l’assenza, quel silenzio che resta quando lasciamo andare ciò che ci è stato vicino.

Ma proprio lì, in quello spazio nuovo, che può nascere qualcosa di vero.
Lasciare andare è un atto d’amore verso noi stesse.
È tra i gesti più coraggiosi che possiamo fare per ricominciare… a respirare.
Significa riconoscere che una parte del nostro vissuto ci ha insegnato qualcosa, ma che ora è tempo di continuare senza di lei…

Significa ammettere che non tutto ciò che ci ha accompagnato fino a qui può farci bene anche domani.
E solo quando lasciamo davvero andare… qualcosa dentro si apre.

Solo allora, la mano che ha smesso di trattenere può accogliere, qualcosa o qualcuno che ci sta aspettando.

Infine, la parola più importante…. La “cura”. L’approccio psicologico al paziente, anche negli ospedali, come può essere implementato? Perché anche i medici dovrebbero “imparare a parlare”?

Quando si ha a che fare con la sofferenza dell’anima e un cuore a pezzi, non esiste una vera e propria medicina che possa aiutarci ad alleviare il dolore. Eppure c’è qualcosa che ha un potere miracoloso su questa sofferenza: l’incontro con qualcuno pronto ad ascoltare le nostre emozioni.

Proprio per questo, al termine del mio percorso di studi ho scelto di intitolare la mia tesi “Quando l’ascolto diventa cura”. Questo difatti è ciò in cui credo profondamente e che cerco di portare, prima ancora che come professionista, come persona e come volontaria: una cura che nasce dall’ascolto autentico, presente, rispettoso.

Un ascolto che non giudica, non corregge, ma accoglie l’altro per come è, nei suoi silenzi, nelle sue fragilità, nei suoi bisogni spesso non detti. È lì che comincia la vera cura: quando qualcuno ti vede davvero. Ascoltare davvero significa accogliere l’altro nelle sue parole, nelle sue emozioni ma anche nei suoi silenzi. È un gesto semplice ma potente, che restituisce dignità e valore alla persona.

In ospedale, così come in ogni luogo dove abitano disagio e sofferenza, l’approccio psicologico può fare una grande differenza: aiuta chi vive una malattia ad affrontarla con maggiore forza e consapevolezza, ma sostiene anche chi gli sta accanto, familiari, operatori, volontari che spesso travolti da ansia, impotenza e fatica. In realtà, chiunque si trovi accanto a una persona fragile, che sia in un letto d’ospedale o su una panchina per strada, dovrebbe poter imparare a parlare con gentilezza e rispetto, ma soprattutto ad ascoltare con sensibilità; solo così possiamo rendere più umana questa società, partendo dalle parole ma anche dall’ascolto dei silenzi e dei non detti.

…Perche in fondo nessuno di noi pretende di essere felice… chiediamo solo un po’ di serenità.

Dove ti possiamo incontrare?

Potete seguirmi sui social, dove condivido regolarmente aggiornamenti su incontri, eventi e progetti. Mi trovate anche in presenza, nei comuni dell’hinterland milanese e a Milano, attraverso appuntamenti organizzati presso biblioteche, spazi culturali e associazioni del territorio. Un modo per restare in contatto e, magari, incontrarci di persona.

Lascio i miei contatti:

Mail noris.anselmi@libero.it

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